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16 marzo 2003
 
Se lavorate dalle sei alle otto ore al giorno (e non dite di più, cazzeggiatori dissimulati che non siete altro), se passate un'ora nel traffico urbano e un'altra oretta e mezza nel traffico telematico, a evadere posta elettronica e leggere blog sempre interessantissimi, come questo; se appartenete a quella bolsa schiera di persone che non riescono a fare a meno di dormire almeno sei ore su 24; se mangiate, bevete, evacuate con la medesima banale regolarità; se avete una famiglia che gradirebbe in qualche modo interagire con voi nelle restanti ore del giorno (tacendo degli amici, della tv, dei concerti e di quando forse vale la pena di restare fermi a fissare il soffitto), la domanda sorge spontanea: che tempo vi resta per farvi una cultura?
dal blog di Leonardo

Distolgo gli occhi dal monitor e scruto i libri ammonticchiati sul tavolo. Ci sono un Sostiene Pereira sbocconcellato, un paio di buoni propositi Jonathan Coe, un bel Canetti mollato in dirittura d'arrivo, un Ivan Illich d'annata, una dannata Nadine Gordimer, un Antrim dimenticato, un Murakami in stallo a pagina 550, Le anime morte morte e sepolte, una Creatura di sabbia insabbiata, un'autobiografia di Takeshi Kitano che non ricordo di aver comprato, una Vandana Shiva genericamente mortificata, un Pontiggia recalcitrante...
Non posso andare avanti così. Io sono quello che da bimbetto fregava le cento lire per comprarsi i libri e da grandicello fregava i libri direttamente all'origine! Allungo la mano deciso e pesco a caso... ecco.

Ci sono tre tre tizi poco raccomandabili che spiccano in copertina. Facce da galera e capelli incolti, esibiscono lunghi coltellacci e un approssimativo abbigliamento da cucina o macelleria. E' Kitchen confidential di Anthony Bourdain, sottotitolo avventure gastronomiche a Manhattan. Inizio a leggere poco convinto: la cucina non è mai stato il mio forte e ho sempre trovato insopportabili libri/riviste/trasmissioni di ricette. Mi piace mangiare bene. Punto.
Invece mi appassiono e brucio il libro in poche ore. Non è un capolavoro, ma ha ritmo e umorismo: racconta tante storie di uomini sconosciuti e notturni, bizzarri e affascinanti come il loro lavoro. Si sente la passione per un mestiere, la fatica fisica, il triste orgoglio di appartenere a una categoria di mezzi reietti: tutte cose che accomunano cuochi newyorkesi e lavoratori edili. Gente che suda, impreca e tira calci d'artistica precisione.

All'inizio di uno dei capitoli più spassosi l'autore si chiede sgomento:
Il desiderio di possedere un ristorante può essere una strana e terribile malattia. Qual è la causa di un'urgenza così distruttiva in tante persone che altrimenti potrebbero dirsi sensate?

Era quello che ci voleva per ispirare una nuova puntata del

Manuale pratico dell'artigiano edile

Capitolo III - La sindrome dell'artigiano e altre anomalie mediche


Caro giovine aspirante artigiano,
in preda a un irresistibile impulso hai racimolato moduli, bollettini postali e scartoffie varie. A passo svelto t'approssimi all' Ufficio I.V.A., con la stessa spensieratezza stolta che spinge la preda tra le spire del pitone.
Fermati un attimo e ascolta.
Tu ignori (o giovine aspirante artigiano edile) quello che ti aspetta.
I raggi del sole primaverile disegnano nella polvere sospesa del cantiere magici riflessi. Non farti ingannare: quella polvere sarà la tua compagna sgradita per sempre. Si poserà su vestiti e polmoni, t'inquinerà il panino, scatenerà l'ira della consorte e renderà la tua vicinanza sgradita ai più. Dovrai convivere con fango e sporcizia, liquami ed acari, afrore d'ascelle e aliti pesanti di mortadella nice price.
T'attira forse il lavoro all'aria aperta e t'immagini abbronzato d'estate, corroborato d'inverno dal contatto con gli elementi?
Sappi che nel giro di pochi anni maledirai la canicola e il freddo frizzante diventerà freddo e basta. La pioggia dei temporali s'insinuerà nelle giunture e, al mattino, riguadagnare la stazione eretta sarà sempre più difficile. Scricchioleranno le ossa già provate da cento contusioni e il girovagare nomade da un cantiere all'altro perderà ogni fascino. Le tue mani diventeranno ruvide come carta vetrata n° 60 e piscerai nei posti meno opportuni.
Partorirai con dolore preventivi sempre troppo alti per il cliente e troppo bassi per te, sacrificherai sull'altare delle Finanze Pubbliche ciò che non hai ancora guadagnato e nessuno ti ripagherà le giornate passate a letto con l'influenza.
Sopporterai l'insolenza degli apprendisti e l'analisi puntigliosa del Campionato C1 al lunedì. Investirai in attrezzature che dopo un mese non saranno più a norma, rincorrerai trafelato progettisti latitanti finché, esausto, non prenderai da solo l'unica decisione possibile: quella sbagliata.
Diventerai matto quando vorrai fare tutto da solo, ti maledirai quando sarai in compagnia.


O giovine aspirante artigiano edile, se hai ascoltato con attenzione, ponderato e nonostante tutto t'incammini deciso verso il lugubre Ufficio I.V.A. mormorando quella cretinata di Good morning Babilonia (noi siamo i figli dei figli dei figli di quelli che costruirono il Duomo di Lucca e la cattedrale di Pisa...), allora va', segui il tuo destino.

Sappi che questo può essere il mestiere più bello del mondo.

Puntate precedenti: Capitolo I, Glossario, Capitolo II
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